Nuove norme sulle intercettazioni: esiste ancora la privacy?
All’ inizio di settembre sono entrate in vigore le nuove norme sulle intercettazioni e le sorprese non sono mancate. Il decreto-legge 161/2019, recante “Modifiche urgenti alla disciplina delle intercettazioni di conversazioni o comunicazioni”, ha modificato le norme del codice di procedura penale relative alle modalità di attuazione e conservazione delle intercettazioni.
Uno degli aspetti più rilevanti della riforma è, senza ombra di dubbio, l’aumento dei compiti del PM. Egli è tenuto a valutare se le intercettazioni risultino pertinenti o meno alle indagini, sostituendosi alla polizia giudiziaria che precedentemente svolgeva tale attività e che adesso può soltanto segnalare le conversazioni che non dovrebbero essere trascritte. Deve inoltre assicurare che nei verbali non vengano riportate conversazioni aventi ad oggetto dati sensibili o astrattamente idonee a ledere la reputazione dei soggetti sottoposti ad esse. Questa questione non rileva quando le intercettazioni risultino rilevanti ai fini delle indagini.
Un altro aspetto che merita approfondimento è quello relativo ai trojan horse. In primo luogo, di cosa si tratta? Il trojan horse è un virus che prende il nome dal mito greco del cavallo di Troia, in quanto ne imita la tecnica per infettare i computer che attacca. Esso viene inserito in un programma apparentemente innocuo oppure cerca di indurre l’utente a installarlo nel proprio computer. Questi programmi devono essere conformi ai requisiti tecnici stabiliti con decreto del Ministro della Giustizia. Con la riforma, i trojan horse possono ora essere utilizzati per tutti i reati commessi contro la PA, sia che il soggetto attivo sia il pubblico ufficiale, sia che il soggetto attivo sia l’incaricato di un pubblico servizio.
Il terzo nodo sciolto dal decreto-legge è quello relativo all’archiviazione. Le comunicazioni e le intercettazioni vengono immediatamente trasmesse al PM, che è organo vigilante dell’archivio digitale in cui vengono conservate. Nello stesso devono anche essere archiviati i decreti relativi alle intercettazioni. I difensori dell’imputato o degli imputati hanno la facoltà di analizzare gli atti ed ascoltare le registrazioni, senza però estrarne copia. Dopo l’acquisizione da parte del giudice, egli procede d’ufficio allo stralcio delle intercettazioni quando:
– la loro utilizzazione risulti vietata;
– contengano dati sensibili, salvo risultino rilevanti;
– risultino astrattamente idonee a ledere la reputazione dei soggetti sottoposti ad esse, salvo risultino rilevanti.
Soltanto a questo punto i difensori possono estrarne copia e chiedere la trasposizione della registrazione su supporto informatico.
L’ultimo aspetto rilevante, legato ai compiti del PM, è quello relativo alla gestione dell’archivio. Deve essere assicurata la segretezza della documentazione delle intercettazioni non necessarie per il procedimento e l’accesso è consentito soltanto al giudice (e ausiliari), PM (e ausiliari) e difensori delle parti.
Le problematiche relative a questo decreto-legge sono di vario genere e, se si pensa che le intercettazioni possono essere utilizzate anche per reati diversi da quelli per i quali sono state disposte, i dubbi sulla riforma si spostano su
un piano ancor più scivoloso: esiste ancora la privacy?
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