Caro D …
La pattinatrice Serena Dean racconta la sua storia da sportiva professionista con il diabete tipo 1
Caro D.,
lo sai che quest’anno festeggiamo le nozze di cristallo? Sono passati 15 anni dal giorno in cui il destino ha voluto unirci per sempre. All’inizio non è stato facile, ma ho imparato a conoscerti nelle tue varie sfaccettature, a capire cosa tu volessi da me e io da te e a riconoscere i segnali che mi mandavi. Ricordo ancora con nitidezza quando la tua strada ha incrociato la mia: ero una quasi undicenne pronta per iniziare le scuole medie. Entusiasta di partire per una nuova avventura, mi sentivo, però, debole fisicamente, avevo sempre sete e correvo in bagno a fare la pipì, un sacco di volte, anche di notte. Grazie ad un semplice stick delle urine fatto dalla mia pediatra, capii che stavi per entrare a far parte della mia vita!
Ricordo le lezioni con il Dott. Tonini e la Dott.ssa Faleschini all’Ospedale Burlo Garofalo di Trieste. Prendevo appunti rispetto a tutte le nuove informazioni che avrei dovuto memorizzare per il mio bene: dall’utilizzo del glucometro e delle penne per l’insulina alla correzione di ipoglicemie e iperglicemie fino all’alimentazione e al famigerato calcolo dei carboidrati. La cosa che mi colpì di più durante una di queste lezioni era la parola glucagone. La prima volta che la sentii non ero certa di aver capito bene. Aveva dentro di sé una mezza parolaccia e suonava male alle me quasi undicenne. Questo termine, però, dovetti imprimerlo per bene nella mia memoria perché era il mio medicinale salvavita ed in fondo mi ricordava che se qualcuno avesse dovuto proprio usare questo glucagone era perché mi sarei trovata in una situazione da “cagarsi” dalla paura (sarei stata moribonda svenuta a terra). Quindi, in fondo, tutto aveva senso!
La mia famiglia e i miei amici mi aiutarono molto ad accettare questa convivenza con te. Non è stato semplice, tuttavia, quello che so per certo è che, mio D., alla fine, pur condizionando ogni ora della mia esistenza, mi fai condurre una vita estremamente normale, come quella di tante altre persone che non hanno te alle calcagna. Per riuscire a gestirti, lo sport ha avuto un grande ruolo. Fin da piccola ho praticato pattinaggio artistico a rotelle. Mi piaceva correre sui pattini e sentire l’aria fresca che arrivava sul mio volto. Andare ad allenamento con le amiche era una valvola di sfogo e mi aiutava a tenere basse le glicemie. Creare delle coreografie assieme a tanti altri pattinatori, cercare l’unisono e l’armonia nei movimenti e nei passi mi dava molta soddisfazione. Dopo qualche anno, ho iniziato a partecipare, assieme alla mia squadra, anche a qualche campionato regionale e italiano. In pista, insieme ad altri, mi sentivo sicura di potercela fare, ero certa di riuscire a fare qualcosa di buono anche io che, a differenza degli altri, dovevo portarti sempre appresso.
A 14 anni sono entrata a far parte del gruppo Diamante dell’A.S.D. Pattinaggio Fiumicello, il gruppo delle più grandi della mia società a cui, tutte noi piccole pattinatrici, ambivamo di entrare nel corso della nostra carriera. Questo gruppo ha avuto la determinazione, il coraggio e la fortuna di intraprendere strade nuove che lo hanno portato ad arrivare molto lontano.
Dal 2015 al 2019 sono stata eletta capitano di questa squadra che ha conquistato 2 titoli italiani, 3 medaglie d’argento e 2 di bronzo ai campionati europei e 3 medaglie di bronzo ai campionati mondiali di pattinaggio.
Grazie a questo team speciale ho vissuto emozioni fortissime che porterò con me per il resto della vita. Ho anche vinto una borsa di studio del CONI (Bando Atleta Eccellente-Eccellente Studente 2018) per essermi laureata a pieni voti e aver ottenuto ottimi risultati sportivi a livello internazionale.
In tutte queste avventure, caro D., mi hai sempre accompagnato. Pensa che per colpa tua, ho dovuto anche compilare delle particolari documentazioni perché è considerata sostanza dopante l’insulina che devo assumere, visto che il mio pancreas ha deciso di fare il pigrone e di non produrne a sufficienza. Mi hai fatto correre il rischio di risultare addirittura dopata!
Da quest’anno ho deciso di concludere la mia carriera a 8 ruote per dedicarmi all’insegnamento di questo meraviglioso sport ai piccoli atleti della nostra società, con la speranza che anche loro un giorno possano realizzare tutti i loro sogni sportivi e non solo. Tutto questo è stato possibile, perché oltre al sostegno della mia famiglia, del mio ragazzo e dei miei amici, ho avuto la fortuna di incontrare la Dott.ssa Tonutti e Dott.ssa Galasso dell’Ospedale S. Maria della Misericordia di Udine che, assieme alle bravissime infermiere, mi hanno aiutata a trovare l’equilibrio e ad aggiustare tutti i parametri possibili per poter far attività fisica in sicurezza. Gli attimi di sconforto, il non riuscire ad essere sufficientemente performante in pista, le pause forzate dovute alle ipoglicemie non sono mancate, ma tante soddisfazioni sono arrivate e queste valgono più di qualsiasi altro problema di tipo diabetologico.
Ops, mi è scappato. Mio caro D. ho svelato la tua identità! Quindi, Diabete 1 (ora ti chiamo con il tuo nome e cognome) brindiamo insieme per questi primi 15 anni di vita insieme con l’augurio di poter andare ancora d’amore d’accordo per il resto delle nostre vite.
P.S.: In fondo grazie perché con il sensore per la glicemia e il microinfusore per l’insulina, attaccati sulla mia pelle, mi sono trasformata in una vera e propria donna bionica.
Serena Dean
Sportiva professionista
Rubrica a cura di Sweet Team Aniad FVG
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