A tu per tu con Marco Lenna, sindaco di Forni di Sopra

Si è concluso un anno difficile, che ha azzerato i rapporti sociali, ha compromesso le relazioni umane e gravemente danneggiato l’economia del Paese. Una delle fasce maggiormente colpite è la montagna e tutto il suo indotto a cominciare dal settore turistico. Ne parliamo con il sindaco di Forni di Sopra, Marco Lenna, con il quale ci confrontiamo sulle prospettive del nuovo anno, sulle misure di prevenzione ambientale della montagna e ripercorriamo le emergenze del 2020 che ha vissuto in prima linea.
Sindaco Lenna, la montagna potrà tornare ad essere meta turistica?
Certo, potrà essere meta turistica, sportiva e di divertimento. Un divertimento diverso, cercando di applicare le norme di buon senso comportamentale. Questo è uno sforzo che dobbiamo richiedere a tutti, non dobbiamo prendere sottogamba questa situazione perché, diversamente, rischieremmo un nuovo lock-down. Località come Forni di Sopra non possono permettersi di tenere ancora chiuse le strutture. Il turismo per noi è vitale.
Quali iniziative avete messo in atto come Amministrazione per il rispetto delle normative Covid?
Io sono convinto che le regole di buon senso valgono la vita, pertanto, sin dal nascere della pandemia, ci siamo attivati con molto diligenza, in sinergia con le categorie economiche. Si è provveduto all’ammodernamento e alla ristrutturazione di alcuni edifici; abbiamo concentrato maggiormente l’attenzione verso l’ambiente, prevedendo percorsi conoscitivi del nostro territorio e curando il verde. Abbiamo potenziato ed accelerato i cantieri dell’area sportiva e le strutture ricettive si sono attivate per garantire l’accoglienza in totale sicurezza. L’annullamento delle discipline sportive e soprattutto la chiusura delle strutture ha inficiato il grande lavoro fatto, ma è pur vero che ora tutto è pronto per la ripartenza.
In qualità di Sindaco è stato più impegnato nella prima o nella seconda ondata Covid?
Sono due periodo completamente diversi che hanno impegnato l’Amministrazione con modalità differenti. Siamo stati molto operativi. Nel periodo di carenza mascherine, ad esempio, abbiamo avviato un co-working con il ricamificio del posto che ha trovato un tessuto tecnologico che ha consentito di realizzare le mascherine, testate anche con l’Arpa. Sono state interamente confezionate, cucite imballate proprio qui a Forni di Sopra e distribuite ai nostri cittadini, riportando anche il logo che ci contraddistingue, Forni di Sopra Dolomiti in tutti i sensi.
Ha citato interventi di ristrutturazione, ci fa qualche esempio?
Nella prima ondata, di marzo, ci siamo mossi ristrutturando la foresteria della piscina e rendendolo un punto di aggregazione per le eventuali persone malate di Covid. Abbiamo allestito posti letto e bagni anche assistiti, il locale è stato dotato di cucina e attrezzato con bombole monouso con erogatori automatici. Abbiamo acquistato tutti i dispositivi ed i set medicinali immaginando di poter effettuare un primo servizio di emergenza in maniera autonoma. Nel territorio montano, in particolare, è essenziale aver la possibilità di gestire l’emergenza primaria autonomamente. Oltre a ciò abbiamo garantito alle persone in quarantena o positive la spesa a domicilio ed i medicinali.
Siete riusciti ad avere una copertura medica?
Certo, anzi, l’abbiamo intensificata. Oltre al medico di base abbiamo ottenuto la guardia medica e la guardia turistica, nel periodo più importante.
La montagna era rimasta indenne dal contagio nella prima fase, poi è arrivato anche lì e la seconda ondata ha colpito duramente.
Abbiamo registrato parecchie persone positive, alcune delle quali anche malate gravemente e a loro va il mio augurio personale di uscire velocemente dal sistema ospedaliero.
Lo scorso novembre, assieme al sindaco di Forni di Sotto, abbiamo deciso di chiudere le scuole, una scelta impopolare che ci è costata dapprima qualche critica e che si è rivelata, invece, lungimirante al fine di bloccare un nascente focolaio.
Il Covid non è l’unica emergenza che si è trovato ad affrontare nel corso dell’anno. La nevicata dei primi giorni di dicembre è stata molto impegnativa da gestire.
Il tutto è iniziato con un nubifragio che ha sciolto la neve caduta nei giorni precedenti. In meno di 12 ore la neve si era completamente sciolta, lasciando i prati a verde e facendo correre acqua da tutte le parti: allagando cantine, scantinati, scuola di sci, portando a straripare i rii minori all’interno del paese, e trasportando materiale ghiaioso sul terreno oltre a rami e inerti. Durante la stessa giornata, alle ore 12 è cominciato a nevicare e nell’arco di un’ora e mezza ci siamo trovati con 20/25 cm di neve a suolo quando i terreni stavano ancora drenando le acque. Questo ci ha portati in una seconda fase difficilissima.
Gli alberi già carichi di acqua si sono trovati in breve tempo carichi di neve, una neve molto pesante che li ha piegati e li ha fatti collassare sui tralicci dell’alta tensione. Noi ci siamo trovati in un paese dove le linee interne di media tensione, gestite dall’idroelettrica fornese, erano completamente funzionanti ma l’alta tensione da cui noi ci approvvigioniamo della parte elettrica di Enel non funzionava. Quindi il paese è calato al buio e al freddo. A distanza di qualche ora anche le telecomunicazioni ci hanno abbandonato. Nel momento in cui anche i ripetitori sono collassati ci siamo affidati ai ponti radio della protezione civile per poter comunicare con la sede di Palmanova.
Dove ha recuperato il sangue freddo per provvedere ad organizzare lo sgombero neve in tempi rapidissimi, come abbiamo potuto cogliere dalle informative che postava sui social?
L’esperienza Vaia mi ha formato e mi ha consentito di agire tempestivamente di fronte a questa emergenza che ci ha lasciati al freddo e al buio, con le strade impraticabili e muri di neve a cingere le abitazioni. Ci siamo trovati nel giro di 24 ore con una caduta di 1 metro e 40 di neve. Sono presto intervenuto come Sindaco ed ho preso decisioni operative, con accanto l’assessore delegato alla protezione civile Lorenzo Antoniutti e dalla giunta sempre presente, e dai tanti volontari che non hanno fatto mancare la loro parte.
Dall’emergenza Vaia ad oggi è cambiato qualcosa in termini di prevenzione?
In realtà no, però, sempre grazie all’esperienza vissuta, nel 2019 avevo emesso un’ordinanza di raso delle piante a raggio di 10 metri dal bordo stradale e questo ha permesso di salvaguardare un tratto di nazionale, la ss 52 carnica, importante.
Il maltempo o forti nevicate continuano a creare danni e disagi. Lei spesso interviene con durezza sulla necessità di intervenire sistematicamente.
Il taglio delle piante deve essere effettuato in maniera sistematica su tutte le arterie stradali, una pianta che cade su un’auto è capace di compiere una strage. Ancor più intelligente sarebbe interrare le linee, prendendo a modello i paesi del Nord Europa. Una linea interrata può subire dei guasti ma in maniera minore rispetto alle linee aeree che sono soggette al vento e al collasso in caso di maltempo.
Quale è il suo auspicio per la salvaguardia del territorio montano?
Gli interventi citati a mio avviso dovrebbero essere fatti nell’immediato. Mi rivolgo alle Istituzioni e ai gestori delle linee telefoniche ed elettriche. Forni di Sopra nel giro di 24 ore è tornata al medioevo, senza corrente elettrica, senza telecomunicazioni e senza riscaldamento. Nel 2020 ed in un paese turistico queste cose non devono accadere.
A livello comunale state lavorando a progetti per l’autosufficienza energetica?
Certo. Stiamo allestendo sulla centrale di teleriscaldamento dei gruppi elettrogeni per poterla mantenere in autosufficienza nei momenti di collasso del sistema elettrico. La stessa cosa sta facendo la società cooperativa idroelettrica fornese Dria pensando a delle unità di backup importanti.
L’auspicio per il 2021?
Che sia un anno migliore, ma soprattutto che non ci colga più impreparati.