Il maggior danno per l’economia italiana è quello d’immagine
Da settimane ormai l’informazione che viene data in Italia sugli effetti economici del Coronavirus è a dir poco fuorviante. Lo dichiara Marco Simeon Presidente del Gruppo Meccanica di CONFAPI FVG.
Le imprese che sono presenti all’estero e con tantissima fatica si sono costruite una reputazione si vedono dissacrate da immagini da “terzo mondo”, come nel caso delle scene dei carcerati sui tetti delle case circondariali con passamontagna e fumogeni.
Con queste forzature, di cui troppi paiono compiacersi, non si fa altro che consolidare negli interlocutori esteri l’incertezza di continuare il normale rapporto commerciale e operativo con le imprese Italiane e con i loro rappresentanti, sempre più considerati come “appestati”. Se c’è già incertezza su ordinativi, pagamenti o contratti, questo comportamento certifica che nulla andrà a compimento, così da oscurare non solo l’immediato futuro delle nostre imprese ma anche quello a medio termine.
Come possiamo pensare di chiudere le fabbriche? Le nostre imprese stanno tutte reagendo in tempo reale alle prescrizioni dei decreti del Premier e, anzi, si organizziamo oltre, nonostante ciò che si dica e si pensi: accanto a tutte le precauzioni di legge le imprese hanno adottato ogni modifica organizzativa e del lavoro possibile, come la suddivisione fisica e lo spostamento dei reparti, l’attivazione e lo sviluppo del tele lavoro, la gestione da remoto del processo produttivo, la rigida disciplina della frequentazione dei locali comuni.
Per questo motivo, essendo molto alta la responsabilità sociale che le imprese sentono su di sé, e considerato che la salute dei cittadini tutti è un bene prioritario, le imprese accetteranno altre restrizioni per ridurre il diffondersi del contagio, ma respingono il concetto generalizzato di chiusura totale così come si va annunciando.
Vanno bene – conclude Marco Simeon – tutti i provvedimenti riferibili alle moratorie delle scadenze dei mutui, alla proroga dei pagamenti fiscali e tributari, contributivi, ma ciò che è più importante è garantire la continuità produttiva, prima condizione per evitare il tracollo del Paese e poi riprendersi dopo l’emergenza sanitaria.