Riccardi, l’uomo dell’investitura

Riccardo Riccardi è l’uomo dell’investitura. Colui al quale Forza Italia e, probabilmente tutto il centrodestra, affiderà il ruolo di candidato Presidente, Lega e Fedriga permettendo. La sua investitura è arrivata dall’alto, direttamente da Silvio Berlusconi.
Il Cavaliere vede in lui l’uomo giusto, sia per esperienza che per competenze, per riconquistare la Regione dopo il quinquennio targato Debora Serracchiani. Una missione ardua che però non spaventa Riccardi. Chi meglio di lui infatti, dopo cinque anni di vera e dura opposizione in Consiglio, conosce a perfezione la macchina amministrativa regionale e le mosse giuste per affrontare le tante sfide che il futuro è pronto a riservarle. Sfide decisive per il destino di un Friuli Venezia Giulia sempre più debole nei confronti di Roma.
Il suo è il nome più gettonato all’interno del centrodestra. Sarà lei il candidato Presidente?
“Non dobbiamo concentrarci solo sulla leadership. La figura del candidato è importante ma il nostro dovere è quello di costruire un’alleanza basata sulle idee e sui progetti da realizzare. Conterà molto la squadra complessiva che dovrà aprirsi sia alle forze centriste, sia a quelle autonomiste. E’ la somma a far vincere le elezioni, non un candidato in solitaria. Il cerchio dei pababili comunque, ormai è cosa nota, è ristretto a quei tre, quattro nomi. La Lega ha rilanciato il nome di Fedriga, la destra ha detto che prima o poi arriverà anche il suo candidato. C’è poi anche il nome di Tondo, sul quale l’aspettativa è gramde, ed è naturale, vista la storia e l’esperienza. Anche la nostra candidatura è stata avanzata, con parole tra l’altro molto equilibrate, da Berlusconi. Ogni forza ha opinioni e idee legittime, il dibattito interno è cosa normale quando si devono prendere delle decisioni. Il percorso è lungo e ci sono tante cose da fare. Stiamo lavorando affinchè la decisione finale possa arrivare al più presto. L’impegno di Forza Italia è quello di garantire una coalizione unita. Veniamo da risultati elettorali straordinari nel 2016 e nel 2017. Dove il centrodestra è stato unito ha vinto. La campagna elettorale è lunga, bisogna partire al più presto, andare in mezzo alla gente. L’occasione per vincere c’è, non possiamo fallire. L’importante comunque, ripeto, è essere uniti, non solo in Friuli Venezia Giulia ma anche in ogni singolo Comune e a Roma”.
A Fedriga e alla Lega piacciono le primarie. Potrebbe essere questo un modo per risolvere la questione?
“Le primarie non solo la risoluzione a tutti i problemi. Su questo tema ci si fa guidare troppo spesso dalla comunicazione e questo è un errore. Credo che la cosa migliore sia cercare una sintesi, pur se faticosa, piuttosto che farsi del male come è successo al centrosinistra, per esempio a Trieste. Non sono comunque contrario a prescindere alle primarie, credo di avere le spalle abbastanza larghe per affrontarle. Credo però che delle primarie fatte senza regole precise rischiano di portare solo a delle lacerazioni difficili poi da rimarginare all’interno della coalizione. Il nostro elettorale poi, che è diverso da quello militante delle sinistre che esige le primarie, condividerà la scelta finale fatta di concerto. Non mi pare abbiamo fatto molti errori nello scegliere Dipiazza, Ciriani, Cisint e Marchetti alle amministrative”.
Nessuno come lei conosce i meccanismi di governo. Questo può essere il suo vantaggio?
“Quando parliamo di governare la Regione parliamo di un mestiere che deve avere sensibilità politica e sociale, ma non posso pensare che non ci debba essere anche una forte componente tecnica. Oggi viviamo in un Paese in cui i rappresentanti del popolo dipendono da strumenti in buona parte di dominio della tecnocrazia e diventano quasi ostaggi di un sistema che non conoscono. Senza voler fare il presuntuoso, non credo di essere uno condizionabile dalla burocrazia”.
Quali sono gli errori maggiori che imputa alla giunta Serracchiani?
“Il fallimento della giunta Serracchiani è cosa ormai dimostrata. Il più grande errore che ha compiuto è stata l’azione riformatrice, non solo dall’applicazione delle leggi, ma anche dalla loro impostazione. C’è poi un problema di tenuta di bilancio nei confronti dello Stato. La Regione non potrà reggere altri cinque anni come quelli che ci ha imposto il centrosinistra, a partire da questi rapporti finanziari che sono stati imposti. Con l’80% della spesa bloccata, o ci riposizioniamo in una stagione completamente nuova o rischiamo la liquidazione. La Serracchiani ha chinato il capo a Roma per la sua personale carriera, d’altronde quando sei la numero due del partito che governa non puoi fare altrimenti. Renzi decideva e la Serracchiani eseguiva, senza guardare al bene della sua regione. Sono stati quindi compiuti errori su tutti i fronti, dalla salute agli enti locali, dall’immigrazione al lavoro. Chi si troverà a guidare la Regione la prossima legislatura si dovrà quindi confrontare con un disastro ormai compiuto. La correzione di rotta dovrà essere chiara”.
Uno fra tutti può essere l’imposizione delle UTI. E’ d’accordo?
“L’errore compiuto con l’imposizione delle UTI è sotto gli occhi di tutti. Di queste unioni che hanno soppiantato le Province ne parlano male tutti, perfino coloro i quali all’inizio erano a favore. Sono l’ennesimo esempio della stagione in cui la Serracchiani doveva dimostrare ai suoi leader di essere bella e brava”.
Una sfida sarà quella del rilancio economico di un Friuli che dopo la crisi ancora oggi va a corrente alternata.
“L’economia è un tema centrale per il futuro di questo territorio. La Regione deve tornare ad essere la banca che permette gli investimenti. Dobbiamo trovare delle risorse sia per facilitare l’impresa che per alleggerire la burocrazia. E’ una sfida decisiva che va vinta”.
L’autonomia è l’altro grande tema caro agli elettori di centrodestra.
“La nostra specialità va salvaguardata. Quando si parla di autonomia si sbaglia in principio: non si deve abbassare la specialità delle cinque regioni ma aumentare quella di tutte le altre. L’Italia si basa su straordinarie differenze, è questa la forza del Paese”.
Qual è l’avversario che teme maggiormente?
“L’avversario numero uno resta Debora Serracchiani, è tutt’altro che stabilito infatti che vada a Roma. La vedo molto determinata nel voler chiudere una pagina regionale che si è trovata davanti quasi senza accorgersene. Riconosco impegno e lavoro, ma i risultati sono assai negativi. Chance per portare avanti il peso dell’eredità ne ha anche il vice Presidente Bolzonello. La loro scelta, come del resto la nostra, non sarà irrilevante nella partita. Con Serracchiani la campagna elettorale si annuncia con un profilo molto aggressivo e con una cultura di sinistra pura. Con Bolzonello l’elettorato rappresentato sarebbe più di centro. Ma, da numero due di Serracchiani, Bolzonello non potrà dire di non c’entrare niente in tutto quello che è successo”.
Nel 2018 non si voterà solo per la Regione ma anche per Udine. Quanto peserà l’esito del capoluogo friulano sulla corsa alla presidenza regionale?
“Udine sarà importante anche per la corsa regionale. Tanto del successo passerà dai voti del capoluogo friulano. Il centrosinistra farà di tutto per tenersi stretta la città. Anche qui per le possibilità di vittoria sono alte”.