Burocrazia choc: sommersi da 35mila pagine di norme all’anno
Una pila di carta alta un metro e novanta, che pesa 84 chilogrammi. Il costo annuo sostenuto dalle imprese italiane per la gestione dei rapporti con la Pubblica amministrazione è stimato in 57,2 miliardi
Al netto della legislazione europea e di quella regionale, tra Dpcm, leggi, decreti, ordinanze ministeriali, delibere, determine, circolari, comunicati e via dicendo, nel 2024 l’Istituto Poligrafico e la Zecca dello Stato Spa hanno pubblicato 305 Gazzette Ufficiali a cui vanno sommati 45 Supplementi ordinari e straordinari.
Complessivamente, questi 350 documenti sono costituiti da 35.140 pagine. Se quest’ultime fossero state stampate, il peso raggiunto da questa montagna di carta ammonterebbe a 84 chilogrammi.
Se, inoltre, avessimo messo queste Gazzette l’una sopra l’altra, otterremmo una pila di carta alta oltre un metro e 90 centimetri.
Infine, considerando un tempo medio di 5 minuti a pagina, una persona che si dedicasse a leggerle tutte con attenzione impiegherebbe 366 giorni lavorativi, praticamente un anno (con sabati e domeniche incluse).
A rilevarlo è l’Ufficio studi della CGIA, che al “peso” della burocrazia ha dedicato uno studio ad hoc.
NON SI INVERTE LA TENDENZA
Nel 2025, purtroppo, il quadro generale non dovrebbe subire grosse variazioni. Nei primi 9 mesi sono state pubblicate 227 Gazzette Ufficiali e 31 Supplementi ordinari e straordinari, per una foliazione totale pari a 25.888 pagine, “solo” 189 facciate in più rispetto a quanto pubblicato nello stesso periodo dell’anno scorso.
Rispetto agli anni prima del Covid, invece, il confronto è leggermente peggiorato. Se nel 2019, ad esempio, contavamo lo stesso numero di Gazzette Ufficiali e di Supplementi diffuso l’anno scorso, le pagine totali ammontavano a 32.236, 2.904 in meno del dato riferito al 2024.
18 APRILE, GIORNATA RECORD
Nei primi 9 mesi di quest’anno, la punta massima di “produttività normativa” è stata registrata il 18 aprile. In quell’occasione, l’Istituto Poligrafico dello Stato ha stampato il Supplemento ordinario n° 13 contenente il testo, le tabelle e i grafici degli ISA2 che, ricordiamo, da qualche anno hanno sostituito gli studi di settore.
In buona sostanza, le imprese, i commercialisti, le associazioni di categoria e gli addetti ai lavori si sono trovati tra le mani un tomo da 5.157 pagine che definisce gli indicatori di tutte le attività economiche con le relative specificità territoriali che sono soggette agli ISA.
Finalmente cancellate 30.700 leggi
Tra la montagna di carte “partorite” quest’anno, sicuramente c’è una pubblicazione che va in controtendenza. Composto da 1.616 pagine, il Supplemento ordinario n° 14 del 24 aprile scorso ha infatti abrogato 30.700 atti normativi prerepubblicani relativi al periodo 1861-1946.
Si tratta, in particolare, di regi decreti, leggi formali, regi decreti-legge, regi decreti-legislativi, decreti luogotenenziali, decreti legislativi luogotenenziali, decreti-legge luogotenenziali, decreti del capo del governo e decreti del Duce del fascismo, capo del governo.
Uno “choc normativo” che, secondo il nostro esecutivo, ridurrà del 28 per cento circa lo stock normativo statale vigente. Ricordiamo, infine, che anche il PNRR prevede tra i suoi obbiettivi una decisa semplificazione del sistema burocratico del Paese.
PERCHÉ SUCCEDE?
L’eccessiva proliferazione del numero delle leggi presenti in Italia è in larga parte ascrivibile a due fattori: alla mancata soppressione di leggi concorrenti, una volta che una nuova norma viene approvata definitivamente; al sempre più massiccio ricorso ai decreti-legge che, per la loro natura, richiedono l’approvazione di ulteriori provvedimenti (decreti attuativi).
Questa sovraproduzione normativa ha ingessato il funzionamento della Pubblica amministrazione, con ricadute pesantissime soprattutto per gli imprenditori di piccole dimensioni. Di fronte a questo dedalo normativo il peso della burocrazia e i ritardi decisionali in capo agli uffici pubblici hanno reso la nostra PA tra le meno efficienti d’Europa.
Oltre a essere tantissime e in molti casi in contraddizione tra loro, queste leggi sono spesso scritte male e incomprensibili ai più, per cui applicarle è molto difficile. Questa situazione di incertezza e di confusione interpretativa ha rallentato l’operatività degli uffici pubblici.
QUALI LE CONSEGUENZE IN TERMINI ECONOMICI?
Nel suo report la CGIA ha stimato anche il costo annuo che la cattiva burocrazia grava sul nostro sistema economico. Questo esito è stato ottenuto partendo dai dati presentati qualche anno fa da The European House Ambrosetti.
Ebbene, il think tank milanese ha quantificato in 57,2 miliardi di euro il costo annuo sostenuto dalle imprese italiane per la gestione dei rapporti con la Pubblica amministrazione. Relazioni che, purtroppo, sono spesso condizionate negativamente dal cattivo funzionamento e dalla lentezza della macchina statale.
Dopodiché, è stata rapportata l’incidenza percentuale del Pil di ciascuna delle 107 province italiane a questo costo complessivo, stimando così il danno economico che la burocrazia pubblica causa a ciascuna di queste aree. Risultato? I territori più penalizzati, ovviamente, sono quelli caratterizzati maggiormente dalla presenza delle attività economiche.
La classifica è guidata da Milano, dove le imprese ubicate nella Città Metropolitana meneghina devono far fronte a un costo annuo pari a 6,1 miliardi di euro. Seguono Roma con 5,4 miliardi, Torino con 2,2, Napoli con 1,9 e Brescia con 1,4.
Stringendo l’obiettivo sulla nostra regione, Udine si colloca al ventinovesimo posto nel ranking con 531 milioni di euro, distanziando Pordenone (310 milioni), Trieste (256) e Gorizia (126), che si colloca in fondo alla classifica, chiusa, sette posizioni più in basso, da Isernia.






