A Natale… attenzione alle pratiche commerciali scorrette!
Tempo di spese e regali anche last minute che hanno quale conseguenza quella di portarci ad essere più distratti nelle nostre scelte di acquisto
Ma proprio questa situazione permette ai furbetti di approfittare del momento e indurre il consumatore ad acquisti che altrimenti non sarebbero stati effettuati, falsando così in misura apprezzabile il suo comportamento. Il Pandorogate che ha coinvolto due società ricollegate alla influencer Chiara Ferragni e la Balocco è uno dei casi che ha avuto più risonanza mediatica negli ultimi tempi. L’AGCM un anno fa circa contestava a queste tre società – si legge nel comunicato stampa dell’Autorità – “di aver attuato una pratica commerciale scorretta per aver pubblicizzato il “Pandoro Pink Christmas”, “griffato” Chiara Ferragni, lasciando intendere ai consumatori che, comprandolo, avrebbero contribuito a una donazione all’Ospedale Regina Margherita di Torino per acquistare un nuovo macchinario per le cure terapeutiche dei bambini affetti da Osteosarcoma e Sarcoma di Ewing. Le società Fenice e TBS Crew avevano incassato la somma di oltre 1 milione di euro a titolo di corrispettivo per la licenza dei marchi della signora Ferragni e per la realizzazione dei contenuti pubblicitari senza versare nulla all’ospedale Regina Margherita di Torino. In particolare l’Autorità Antitrust rilevava come la campagna pubblicitaria volta a incentivare l’acquisto del pandoro al prezzo di € 9,00 anziché a quello di € 3,70 (del pandoro senza il marchio Chiara Ferragni) faceva credere ai consumatori di contribuire alla donazione, la quale, in realtà, era già stata fatta dalla sola Balocco, in cifra fissa, a maggio 2022, quindi molti mesi prima del lancio dell’iniziativa, avvenuto a novembre 2022”.nLa vicenda si concludeva dal punto di vita amministrativo con l’impegno da parte delle due società riconducibili alla Ferragni di versare una donazione per un minimo di 1 milione e 200mila euro a favore dell’impresa sociale “I bambini delle fate”.
Le pratiche commerciali scorrette possono essere ovviamente anche altre, insidiose e latenti, ed il codice del consumo ci consegna ben due lunghe black list artt. 23 e 26. Ciò vuol dire che se la condotta che riscontriamo rientra in una di queste ipotesi è sicuramente ingannevole o aggressiva e ne consegue la sanzione amministrativa oltre agli ordinari rimedi civilistici azionabili dal singolo consumatore.
Ad esempio configurano pratiche ingannevoli quelle volte ad “invitare all’acquisto di prodotti ad un determinato prezzo senza rivelare l’esistenza di ragionevoli motivi che il professionista può avere per ritenere che non sarà in grado di fornire o di far fornire da un altro professionista quei prodotti o prodotti equivalenti a quel prezzo entro un periodo e in quantità ragionevoli” oppure ancora ad “invitare all’acquisto di prodotti ad un determinato prezzo e successivamente rifiutare di mostrare l’articolo pubblicizzato ai consumatori, oppure rifiutare di accettare ordini per l’articolo o di consegnarlo entro un periodo di tempo ragionevole, oppure fare la dimostrazione dell’articolo con un campione difettoso, con l’intenzione di promuovere un altro prodotto”.
E’ illegittima anche la pratica volta a “dichiarare, contrariamente al vero, che il prodotto sarà disponibile solo per un periodo molto limitato o che sarà disponibile solo a condizioni particolari per un periodo di tempo molto limitato, in modo da ottenere una decisione immediata e privare i consumatori della possibilità o del tempo sufficiente per prendere una decisione consapevole” così come è contra legem la pratica “di avviare, gestire o promuovere un sistema di promozione a carattere piramidale nel quale il consumatore fornisce un contributo in cambio della possibilità di ricevere un corrispettivo derivante principalmente dall’entrata di altri consumatori nel sistema piuttosto che dalla vendita o dal consumo di prodotti” oppure ancora l’affermazione, contrariamente al vero, che il professionista è in procinto di cessare l’attività o traslocare”. Per quanto riguarda le pratiche commerciali aggressive, anch’esse perseguibili sia dal punto di vista amministrativo che penale nonché civile, si può ricordare tra le altre quelle volte a “creare l’impressione che il consumatore non possa lasciare i locali commerciali fino alla conclusione del contratto” oppure le visite presso l’abitazione del consumatore, ignorando gli inviti del consumatore a lasciare la sua residenza o a non ritornarvi oppure ancora le ripetute e non richieste sollecitazioni commerciali per telefono, via fax, per posta elettronica o mediante altro mezzo di comunicazione a distanza. Vi ricordano qualcosa queste ultime condotte? Senza dubbio le innumerevoli chiamate commerciali che riceviamo telefonicamente dalle più disparate compagnie dell’energia non autorizzate a trattare i nostri dati rientrano tra queste ipotesi.
Per tutelarsi dunque non resta in questi casi che rivolgersi ad un’associazione come Consumatori Attivi e presentare una segnalazione all’Autorità Antitrust affinché avvii il procedimento.
Scritto da
Avv. Barbara Puschiasis
Presidente di Consumatori Attivi
CONSUMATORI ATTIVI
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