Un Grande Uomo del Vino che Ospita Alcuni Friulani

Si potrebbe benissimo definirlo anche ‘il signore del vino’, Angelo Gaia, il top winemaker italiano, a suo tempo ha scritto di Lui: ‘Vorrei averlo come collaboratore che come concorrente’, ma le strade della vita sono infinite, dico io. Sto parlando di Silvano Formigli chiantigiano, come si definisce lui copertina del suo libro sul Chianti, sulla Mezzadria e su sé stesso. Avrebbe dovuto farlo 20’anni fa, ma non ne aveva il tempo ed ha aspettato di andare in pensione.
Silvano è una di quelle poche persone che possono rientrare nelle dita di una mano, e per l’amicizia, e per il sapere e la tanta infinita generosità. La nostra conoscenza risale intorno al ’90, periodo in cui avevo appena fondato il ‘Convivio Veneto’ assieme ad un suo rappresentante. Parlo di quel sodalizio che risollevò in due soli anni la ristorazione veneta rimasta senza stelle Michelin. Lui, Silvano, allora era esclusivamente ‘Castello di Ama’, l’uomo e il marchio che, proprio grazie a Silvano si impose in breve tempo sul mercato.
La nostra conoscenza avvenne a un incontro più o meno casereccio fatto in una trattoria del Veneto o una nascente enoteca, non ricordo bene, 30’anni sono lunghi. Io lavoravo come fotografo tra ristoranti e vino e vicino a ‘Linea Italia in Cucina (associazione nazionale tra ristoranti d’elite guidata da Franco Colombani) e mi ricordo che quasi lo contestai proprio per la sua bonaria invadenza. Praticamente non ti lasciava parlare finché non aveva terminato la sua arringa. Quasi lo contestai con il ‘fiaschetto del Chianti’, perché lui esaltava questo Chianti fuor di misura e a me sembrava un discorso fazioso, proprio perché il Chianti aveva attraversato un periodo bui e sta tornando alla ribalta con la qualità imposta di fatto. Purtroppo non avevo la sua cultura sull’argomento, ma ciò servì, discutendo, a diventare amici.
Silvano viene da quella terra chiantigiana che conobbi da ragazzo, intorno ad Arezzo, dove avevo passato brevi periodi la in Val di Pesa a lavorare con mio padre e miei cugini sui cantieri dell’Autostrada del Sole attorno alla costruzione di viadotti.
Ritornando a Silvano, o meglio al suo libro, a breve dovrebbe tornare in Friuli dopo un periodo di assenza, incontro in un ristorante top e verrà a presentare il suo libro ed il suo Chianti, un ristorante di richiamo di cui non posso fare il nome per via della pubblicità. L’evento è stato rinviato per via del Covid 19, così sarò felice di passare dopo parecchio tempo, almeno 20’anni, una serata in compagnia. In pratica i nostri ultimi incontri avvennero tra fine ’90 e inizio 2000 quando lavoravo come giornalista, coordinatore e fotografo di ‘Sapori d’Italia’ ed ero testimoniale per il nordest di Lina Italia in Cucina. In Friuli Silvano ha molti amici, perché tempo fa ha messo in piedi una specie di associazione commerciale, con le sue iniziali S.F. che per estensione diventa ‘Selezione Fattorie’, sodalizio che ospita e promuove le chicche vinicole di tutte le regioni d’Italia, quindi anche alcuni produttori friulani. E’ in pratica una organizzazione cresciuta col tempo, con le esperienze, le fiere e degustazioni e divenuta una specie di guida al buon vino. Costruita come sua pensione ora l’ha data in gestione ai figli. Tornando al libro, unico per ora, anche se Silvano ha avuto migliaia di articoli su tutti i giornali e magazine e avrebbe almeno potuto farne uno proprio con questi articoli a lui dedicati. Si titola con un doppio richiamo: ‘Chianti Classico e Figlio di Mezzadro’, non si trova in libreria perché lui non è né così venale, né così sfrontato che quasi si rifugia nella timidezza. Bisogna ordinarlo a S.F., cioè Selezione Fattorie che trovate comodamente sul web. Io ho aspettato 3 mesi per averlo. Questo libro, più che un normale racconto di sé e del Chianti, per me è ‘la Bibbia del Chianti’ e non solo, fa anche la storia del vino dai greci a noi e non poteva mancare l’accostamento con l’olio d’oliva ed anche un po’ di cose sull’aceto. Lavoro che merita un dottorato universitario o laurea ad honorem, provare per credere, ma anche, grazie alla sua attività di divulgatore del vino italiano, ben gli starebbe un ‘cavalierato di stato’. Sono 280 pagine da leggere con comodità, ed è anche sociologico, vi racconta infatti della mezzadria, di cui è figlio, e della evoluzione artigianale e industriale dell’Italia dal secondo dopoguerra in avanti, non solo dell’area chiantigiana, ma giungerete a sapere tutto di lui, da quando faceva il chierichetto, fino al radioriparatore, al venditore aziendale, al vino, all’opinion leader quale da tempo è.
Vanni De Conti