A tu per tu con il presidente di Confesercenti Udine Marco Zoratti

Bar e ristoranti in difficoltà
L’emergenza coronavirus, che ha costretto ad abbassare le serrande per oltre due mesi azzerando così ogni entrata, ha messo in ginocchio le aziende del commercio e dei pubblici esercizi. Bar e ristoranti stanno pagando più di tutti la crisi. La ripartenza, tra regole stringenti, mancanza di aiuti concreti e costi che lievitano, appare tutt’altro che semplice.
“Gli imprenditori ce la stanno mettendo tutta per ripartire bene e in sicurezza. È chiaro che la crisi è drammatica. Al momento della ripartenza almeno il 20% tra negozi, pubblici esercizi e ristoranti ha deciso di non riaprire. Molti locali non erano pronti per l’apertura e hanno così preferito aspettare ancora per capire meglio quali fossero le regole da seguire. La politica non ha capito che ci vuole tempo per riorganizzare i locali ed allestirli in base a quelle che sono le norme sanitarie” ci spiega Marco Zoratti, presidente di Confesercenti Udine.
La percentuale più alta di riaperture si registra tra i bar, più difficoltosa invece è la ripartenza dei ristoranti: “Rispetto al primo documento stilato dall’Inail, che prevedeva delle regole assai stringenti, è arrivato un allentamento sostanziale sia da parte dal Dl nazionale che dal documento redatto dalla Regione. Il distanziamento all’interno di bar e ristoranti, ad esempio, è stato ridotto ad appena un metro rispetto ai 4 metri quadrati previsti inizialmente. In aggiunta a questo miglioramento c’è anche la possibilità di usare plateatici esterni, raddoppiati come metratura e messi a disposizione gratuitamente dai vari Comuni. Ciò sicuramente sta favorendo la ripresa ma ancora oggi sono molte le attività che sono rimaste chiuse. Non è tanto la non convenienza a riaprire ma la certezza di essere in regola con le norme da rispettare. Molti sono ancora i ristoratori che non si fidano ad aprire, che prendono tempo per cercare di capire come poter ottemperare a tutti gli obblighi imposti dalla legge così da evitare spiacevoli sanzioni”.
Ai tanti problemi di questa Fase 2 si è aggiunto quello relativo agli assembramenti: “Per i gestori diventa difficile riuscire a controllare tutte le persone presenti soprattutto all’esterno dei locali. E’ impossibile far rispettare le distanze quando ci sono tante persone. La legge non consente alcun assembramento in questa fase e quindi i gestori rischiano tantissimo perché alla fine la responsabilità ricade su di loro. Ci deve essere un patto tra gli esercenti e la clientela affinché si rispettino le regole altrimenti poi scattano le multe e le chiusure. Bisogna fare molta attenzione, perché i controlli sono puntuali e la tolleranza è zero”.
Il take away ha fatto sì che anche durante il lockdown alcuni esercizi continuassero a lavorare: “E’ servito a diverse attività per salvarsi dall’incasso zero. E’ stata una buona alternativa che penso verrà portata avanti nei prossimi mesi. Non si tratta però della soluzione a tutti i problemi”.
Poche risposte, invece, da parte del Governo: “Per quello che riguarda le regole sono state comunicate ai gestori dei locali con grosso ritardo, praticamente a poche ora dalla riapertura. Ciò ha creato delle difficoltà in alcuni casi insormontabili. Anche dal punto di vista degli aiuti economici la risposta del Governo è stata tardiva. I prestiti garantiti dallo Stato vengono erogati con una lentezza tale che molti ci hanno rinunciato a prescindere. Si tratta inoltre di ulteriori debiti che vanno a carico di imprenditori spesso già in difficoltà. Anche gli aiuti a fondo perduto che erano stati promessi non sono mai arrivati, c’è una delusione cocente da parte delle aziende che pensavano di poter usufruire di queste risorse per superare le difficoltà provocate dalla pandemia e ripartire in maniera più solida e tranquilla. Anche la cassa integrazione in deroga nella stragrande maggioranza dei casi non è stata erogata e quindi i dipendenti, salvo in quei casi in cui i titolari hanno anticipato di tasca loro le somme, si ritrovano in grande difficoltà”.
Crisi economica prolungata e attività ferme da mesi per il coronavirus, è questo il terreno di caccia preferito dagli usurai: “Chi si trova in difficoltà potrebbe affidarsi anche al facile approccio della malavita. Le organizzazioni mafiose esercitano la loro pervasività attraverso l’usura, questa non deve nemmeno essere un’alternativa. I criminali si offrono all’imprenditore come semplici finanziatori con richiesta di restituzione dei contanti ovviamente a tassi folli, o utilizzano il mezzo più subdolo, diventare soci dell’imprenditore, di fatto controllandone l’attività e di fatto obbligandolo a fare precise scelte o costringendolo ad assumere determinato personale. Gli imprenditori non posso ricercare negli strozzini un modo per tirare avanti. Noi siamo in contatto con la Prefettura e la Questura per vigilare su questo fenomeno”.
Il comparto turistico, fondamentale per la nostra regione, è tra i più penalizzati: “Le nostre località di mare, Grado e Lignano, sono da sempre tra le mete preferite dei turisti austriaci e tedeschi. Con i confini bloccati si rischia di perdere gran parte dalla clientela. La maggioranza delle attività balneari non ha ancora riaperto e aspetta il 3 giugno, data in cui dovrebbe arrivare l’effettivo via libera alla stagione balneare. Tra gli esercenti c’è una forte preoccupazione in vista dell’estate. Cerchiamo di trarre il massimo beneficio dallo spazio che ci verrà messo a disposizione così da limitare al minimo i danni. Questo è un momento in cui si deve stringere i denti, dobbiamo unirci per far sì che tutte le aziende riescano sopravvivere”.
Per provare a superare la crisi servirebbe un’iniezione di liquidità nelle casse delle imprese: “Quello che è mancato fino ad oggi è la tempestività nell’erogazione dei contributi a fondo perduto. Le nostre aziende, che sono state dissanguate in questi tre mesi di chiusura forzata, hanno bisogno di ossigeno per poter ripartire. Ad oggi vediamo molti imprenditori che non sono in grado di coprire i costi di gestione, i quali sono tra l’altro aumentati nell’ultimo periodo. C’è bisogno di un’iniezione di liquidità se si vuole ripartire, questo sarebbe un segnale di incoraggiamento importante per chi deve tenere duro per portare avanti un’impresa. In questa fase di così grave emergenza, ogni provvedimento non dovrà tener conto di tutti i lacci e lacciuoli che solitamente intervengono a complicarne e ritardarne l’attuazione, poiché la velocità in questa fase farà la differenza”.
di Stefano Pontoni
da IL PAîS Gente della nostra terra, edizione cartacea Maggio 2020